S. Bianconi: L’italiano lingua popolare

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Titel
L’italiano lingua popolare. La comunicazione scritta e parlata dei ‘senza lettere’ nella Svizzera italiana dal Cinquecento al Novecento


Autor(en)
Bianconi, Sandro
Erschienen
Firenze 2013: Accademia della Crusca
Anzahl Seiten
271 S.
Preis
URL
Rezensiert für infoclio.ch und H-Soz-Kult von:
Stefano Vassere

La sociolinguistica italiana e dell’italiano registra da qualche anno l’affermarsi di un filone di studi dotato di sostanza e metodo, che si preoccupa di prendere in considerazione le varietà scritte e parlate tipiche di una particolare categoria di parlanti definiti ‘semicolti’. Non di rado questo approccio conduce alla messa in discussione diretta o implicita di alcuni assunti definiti da alcuni padri dell’italianistica, come Tullio De Mauro e Carlo Dionisotti. A essere oggetto di critica è soprattutto la descrizione di una situazione, mutuata principalmente dalla Storia linguistica dell’Italia unita di De Mauro (1963), che identificherebbe una rigida e poco scalfibile separazione diglottica storica tra italiano dell’uso alto e scritto da una parte e sistema dialettale depositario degli usi informali e orali dall’altra; una situazione che secondo questa tesi, che ha goduto e gode tuttora di legittimo credito e supporto metodologico ed esemplificativo, sarebbe continuata per secoli, a partire dalle codificazioni normative cinquecentesche e almeno fino all’Unità d’Italia. A sostegno di questo disegno sociolinguistico dell’Italia preunitaria sono richiamati i notevoli tassi di analfabetismo del periodo immediatamente postunitario e anche fattori strutturali quale ad esempio la caratteristica vicinanza tra pronuncia e grafia dell’italiano, che ancora oggi spicca rispetto alle situazioni delle altre grandi lingue di tradizione europee. Oltre a ciò va tenuto in considerazione lo sviluppo tardivo, ma qui siamo già nella prospettiva legata alla sociolinguistica delle varietà, di porzioni intere del lessico della nostra lingua, e ovviamente il crescere di una varietà dell’uso medio, sul modello delle Umgangssprachen di cui le altre lingue disponevano già precocemente. A favore della tesi demauriana non mancano nemmeno le evidenze di tipo più squisitamente sociolinguistico, perché non è difficile dimostrare l’emergere solo postunitario dello sviluppo stabile di declinazioni regionali e sociali dell’italiano, codice evidentemente poco disponibile nella sua forma media per la comunità dei parlanti fino alla metà dell’Ottocento e conservatosi quasi intatto per secoli. Sarebbero in concreto solo tardi gli italiani regionali, l’italiano popolare, sottocodici e gerghi e tutta la serie di varietà sociolinguistiche poi così ampiamente identificate e studiate nella linguistica italiana degli ultimi decenni.

Ora, come detto, una nuova direzione di studi cerca di rispondere alla preoccupazione della ricerca di abitudini linguistiche meno sorvegliate, presso le classi meno colte e soprattutto in ambiti d’uso decisamente meno formali. Rientrano in questa logica e in questo filone di indagine il recente L’italiano nascosto. Una storia linguistica e culturale di Enrico Testa e parte consistente degli studi di Sandro Bianconi, tra cui questo ultimo L’italiano lingua popolare. La comunicazione scritta e parlata dei ‘senza lettere’ nella Svizzera italiana dal Cinquecento al Novecento, appena pubblicato nell’ambito di una felice collaborazione tra l’Accademia della Crusca di Firenze e le Edizioni Casagrande di Bellinzona. L’opera di Bianconi continua, e in un certo senso corona, lo sforzo di identificazione e descrizione di queste varietà semicolte che, se svelate e dimostrate diffusamente, metterebbero certo in seria discussione il modello demauriano; in questo senso, il metodo è quello sperimentato dallo studioso ticinese per almeno un venticinquennio, che ha trovato in opere simili come I due linguaggi. Storia linguistica della Lombardia svizzera dal ‘400 ai nostri giorni solide acquisizioni esemplificative e di metodologia. La trattazione è condotta attraverso un’ampia e quasi antologica rassegna di testi storici contestualizzati e analizzati, spesso anche nei tratti linguistici e grammaticali, distribuiti attorno ad alcuni temi portanti del ragionamento generale: la scuola e l’istruzione, l’emigrazione, le occasioni di incontro facilitate dai commerci ecc. In questo senso, tra i pregi del metodo di Bianconi va richiamata, come detto, la forza dell’apparato esemplificativo prodotto, attraverso il quale il lettore ha occasione di accostare la scrittura viva delle testimonianze edite e inedite, potendo percepire direttamente la voce dei testimoni e le caratteristiche autentiche della loro lingua.

Aperta da un’ampia prefazione di Gaetano Berruto, l’opera si struttura in tre parti: «L’italiano lingua comune», «L’italiano dei ‘senza lettere’», «Le scritture dei ‘senza lettere’». Nella prima parte sono presentate le situazioni esposte all’emergere di pratiche d’uso di questo tipo nell’Italia dal Cinquecento all’Ottocento: istruzione e ambiti ecclesiastici, ambiti geografici discosti, usi di necessità (per difendersi, per gestire pratiche commerciali, per provvedere al proprio sostentamento). Ed è pure la sede, questa, per una definizione ragionata dei termini ‘popolare’ e ‘senza lettere’, al centro dell’analisi: in particolare è identificata come decisiva nella definizione di ‘senza lettere’ l’assenza di competenza della lingua latina, criterio che finisce per acquisire alla categoria un numero di parlanti ben più alto di quelli ascrivibili a una generica attribuzione di subalternità culturale e sociale. Nell’ultima sezione di questa parte l’autore raggruppa una serie di testi svizzero-italiani databili tra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento, in un periodo che, viste le coordinate geografiche e storiche particolari, non può risultare influenzato dalla soglia politica dell’Unità d’Italia e dove è l’affermarsi della scuola pubblica a rappresentare il motore di un cambiamento epocale.

La seconda parte di questo libro è dedicata alla descrizione linguistica dei tratti della varietà al centro dell’analisi, nell’intento di identificare da una parte costanti strutturali (per esempio grafiche) e dall’altra assi di variazione che dovrebbero dimostrarne la sostanza sociolinguistica e, quindi, una portata tutto sommato omogenea nell’intera area italofona. Infine, la terza parte fornisce una sostanziosa messa in pratica del già rilevato metodo antologico, nel quale sono proposte esemplificazioni condotte su testi noti e meno conosciuti; tra i canoni più interessanti, quello epistolare e quello delle autobiografie, che chiude la raccolta.

L’indagine sull’italiano dei ‘senza lettere’ e dei ‘semicolti’ mostra con questa opera di Sandro Bianconi di possedere già una sua tradizione bibliografica e metodologica. La relativizzazione del quadro sociolinguistico preunitario ancien régime descritto in apertura è però sfida, se l’autore ci consente, ancora aperta; soprattutto perché l’affermarsi di un modello come quello qui proposto dovrà preoccuparsi di rendere conto di una serie di evoluzioni strutturali e sociolinguistiche che la storia dell’italiano ha pure dimostrato e che dovranno trovare una loro spiegazione compiuta, anche in un sistema che accolga a pieno titolo queste varietà e non le consideri, come pure è ammissibile e possibile, nonostante tutto marginali.

Zitierweise:
Stefano Vassere: Recensione di: Sandro Bianconi: L’italiano lingua popolare. La comunicazione scritta e parlata dei ‘senza lettere’ nella Svizzera italiana dal Cinquecento al Novecento, Firenze, Accademia della Crusca - Bellinzona, Casagrande, 2013. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, Vol. 155, pagine 172-174.

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Archivio Storico Ticinese, Vol. 155, pagine 172-174.

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